00 19/09/2005 22:45
Dies Irae- Carl Theodore Dreyer

Il giorno dell'ira è lo stesso in cui Dreyer classicizza la narrazione, lo stesso in cui intaglia i volti nel marmo della celluloide velandone la cupezza e i pori demonici. Il regista de La passione di Giovanna d'arco si serve ora di un altro volto di donna, quello di Hanna, che ha qualcosa di aggraziato e molto di ferino. Ma compaiono anche i corpi come ricettacoli di fuochi eterni, e le ombre si dileguano, si addensano in chiaroscuri mai perfettamente conciliati. Nella castità luminosa irreale della società puritana compaiono incrinature preziose, volti e personaggi grotteschi pur nella loro dichiarata bontà (la madre di Absalon, e lui stesso, il pastore). Il peccato d'adultera-incestuosa della protagonista sembra coincidere con l'anelito alla vita e all'emancipazione di una giovane donna, "venduta" da bambina, e invece finisce per incanalarsi in quella casta cella, nell'organizzazione mortuaria della casa e della religione comunitaria che organizza roghi. Roghi che non purificano, nè espiano, ma tramandano maledizioni e portano gli uomini ad un'interiorizzazione del male
i simpatici mi stanno antipatici, i comici mi rendono triste
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