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l'arte del sogno

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    zinz@n
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    utente cinemando
    jedi
    00 17/02/2007 20:35
    Ci sono alcuni "giovani" registi su cui si può puntare senza paura di perdere i fatidici 7 euro. Penso a Christopher Nolan o, in questo caso a MIchel Gondry. Il geniale ideatore delle architetture visive di alcuni dei più bei videoclip degli ultimi 15 anni (Bjork, Radiohead, Foo Fighters, White Stripes ecc...) torna dietro la macchina da presa per la terza volta dopo quel piccolo (o grandissimo ?) capolavoro che è "The eternal sunshine of the spotless minds" (alias "Se mi lasci ti cancello"). Anche questa volta il titolo è storpiato (e va da sè, anche il suo significato...): da "The science of sleep" (più o meno "la scienza del sonno", perfetto nella sua sintesi impossibile) si passa a "L'arte del sogno"; ma stavolta almeno l'arte in qualche modo centra. Stephàn è un messicano di origine francese che torna a Parigi e inizia a lavorare per un'agenzia che "fa le scritte piccoline in cima ai calendari". Lui, che si sente un creativo, si deprime immediatamente, perciò non rimane altro che immergersi nel "sogno" per veder realizzati i suoi più profondi desideri (tra cui conoscere la sua nuova vicina di pianerottolo), ma ovviamente il sogno non è qualcosa che si controlla così facilmente... Anche se il risultato non raggiunge le vette del film precedente, conferma la capacità di Gondry di saper costruire un mondo "altro" e di farcelo amare. Questo film è Come essere a bordo di una barca di tessuto che trasporta una foresta attraverso un mare di cellophane.
    Immersi in colori pastello e mondi fatti col cellophane o con i tubetti di cartone della carta igienica, circondati da invenzioni strampalate, i due protagonisti si attraggono e si respingono, fanno i capricci e si lasciano a confessioni dolcissime rivelate nascosti sotto le coperte, sanno che hanno bisogno l'uno dell'altro senza bisogno di capirne il perchè. Come due bambini. E sappiamo quanto possa essere grandioso e devastante vedere il mondo e l'amore con gli occhi di un bambino. Perchè sono occhi che non ci appartengono più. Se non nel sogno.

    voto: 7+
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    hiara
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    jedi
    00 21/02/2007 10:57
    mmm...a me è piaciuto forse più di "eternal sunshine.." o per lo meno allo stesso livello. quello aveva un impatto emotivo più forte, questo rapisce più gli occhi.
    E' Gondry, comunque. esempio di come il "cinema da videoclip" possa trasformarsi in "cinema autoriale".
    i simpatici mi stanno antipatici, i comici mi rendono triste
    http://blog.myspace.com/78117030
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    zinz@n
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    utente cinemando
    jedi
    00 21/02/2007 12:45
    Che i "veri" registi di videoclip possano rivelarsi come l'unica "nouvelle vague" possibile del cinema americano odierno ?
    Oltre a Michel Gondry mi vengono in mente Spike Jonze che di videoclip ne ha diretti a iosa (per R.E.M, Bjork, Chemical Brothers, Sonic Youth...) e ha diretto due film folli ("Essere John Malkovich" e "Il ladro di orchidee");
    e Jonas Akerlund (video per Moby, Smashing Pumpkins, Madonna, U2...) che ha diretto nel 2003 un film bizzarro e non disprezzabile su un gruppo di tossici("Spun").
    Nel mucchio ci infilo pure Darren Aronofski che invece viene dalla pubblicità ma che ha diretto un piccolo gioiello indipendete ("Il teorema del delirio") nel 1998 e nel 2001 ha realizzato uno dei film più controversi degli ultimi anni ("Requiem for a dream").
    Registi diversi per stile e personalità ma che si muovono in direzioni diverse rispetto al cinema mainstream e anche rispetto al cinema indipendete tout-court.
    Se avete visto questi film sapete di che parlo.