mi aspettavo una sorta di fumettone affascinante e stiloso, e invece mi ritrovo di fronte a una tragedia greca sanguinosa e terribile, dal finale felice e aberrante insieme. la religiosità corporale dei coreani violenta lo schermo, le percezioni e le tradizioni da cui questo film così ostinatamente attinge. la legge del contrappasso nasce da un progetto di vendetta folle e immotivato, fumettistico appunto, ma anche forse melodrammatico. di quel tipo di melodramma incomprensibile per un occidentale, fatto di mutilazione e dolore, legami inestricabili, maledetti e cementati dall'innaturalità in cui i protagonisti si trovano. lo sguardo e lo scrutamento imperano insidiosi, sia nella scena in cui Taesoo scopre le telecamere fisse sulla sua prigione sia nel piccolo, voglioso specchio che appare nel flashback rivelatore. per poi smembrarsi nei frammenti di vetro e di ghiaccio che accompagnano l'epilogo.La trama è in un certo senso la carne e il sangue del film, perciò, se non l'aveste visto, attenzione a..
due "piccoli" appunti:
-avevo già capito, fin dall'inizio, da cosa derivasse la complicità tra il protagonista appena liberato (-si?) e la ragazzina-cuoca del primo ristorante in cui si reca..anche se l'allusione al fatto che quest'ultima fosse stata vista in televisione da Taesoo e i successivi sviluppi del loro rapporto (e qui interviene la rimozione di fronte a qualcosa di ancestrale e terribile, che sta per accadere ed è forse già accaduto)possano sviare dalla prima intuizione
-mi colpisce, dell'antagonista di Tae-soo, macchiatosi di una colpa ancora più grave perchè consapevole, e inoltre demonico architetto di una vendetta improbabile e sopra le righe, il fatto che mantenga, a differenza di T., che dovrebbe essere suo coetaneo, un aspetto angelico, androgino, come congelato nella sua neoacquisita freddezza e in quel momento giocoso-erotico immortalato dal flashback.
i simpatici mi stanno antipatici, i comici mi rendono triste
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